Cronaca

Tragedia di piazza San Carlo a Torino, perché è stata condannata l'ex sindaca Chiara Appendino

Le motivazioni della sentenza: secondo i giudici era "animata da volontà di compiacere la Juventus" ed "ebbe un approccio frettoloso, imprudente e negligente"

Chiara Appendino

L’ex sindaca Chiara Appendino era "animata dalla volontà di compiacere la Juventus" e "aveva chiesto ad amministratori e organizzatori di operare in condizioni di evidente criticità, con un approccio frettoloso, imprudente e negligente". E ancora: "Non appare dubitabile che la superficialità e l’approssimazione dell’organizzazione della manifestazione, fin da quella che la difesa chiama fase ideativa, fossero conseguenza diretta dei tempi delle decisioni della sindaca” che, in sostanza, si era mossa tardi, "costringendo tutti gli altri interlocutori, nell’esclusiva ottica di assecondarla, a fare i conti con il calendario". Sono queste alcune delle considerazioni che hanno indotto la Corte d’Assise d’Appello di Torino a confermare, lo scorso 27 giugno, la condanna a un anno e sei mesi di carcere (pena sospesa) inflitta a Chiara Appendino per i tragici fatti di piazza San Carlo del 3 giugno 2017.

Le motivazioni, 200 pagine dense di verbali d’interrogatorio e testimonianze, ma anche di ampi stralci della sentenza di primo grado, sono state depositate oggi, lunedì 25 settembre 2023, e ripercorrono nel dettaglio i giorni precedenti alla proiezione pubblica della finale di Champions League tra Juventus e Real Madrid, trasformatasi in un drammatico fuggi fuggi che provocò decine di feriti e la morte di due persone. Un "panico collettivo" innescato dall’utilizzo di spray al peperoncino sulla folla, che tuttavia per i giudici fu "solo l’innesco" dei fatti che seguirono. La loro origine infatti va rintracciata nei giorni dal 26 maggio in poi: quelli in cui politici, funzionari comunali e responsabili di pubblica sicurezza inanellarono una serie di omissioni e carenze per via del poco tempo e delle poche risorse a disposizione.

Le censure dei giudici riguardano diversi profili, tra cui la scelta dell’impresa incaricata di organizzare l’evento, le misure di sicurezza che dovevano tutelare l’incolumità delle persone radunate in piazza, il rispetto dei protocolli e delle autorizzazioni. Oltre ad Appendino sono stati condannati l’ex capo di gabinetto Paolo Giordana, l’ex presidente dell'agenzia Turismo Torino Maurizio Montagnese, il dirigente della questura Alberto Bonzano e il vicecomandante della polizia municipale Marco Sgarbi, accusati a vario titolo di omicidio, disastro e lesioni colposi.

Ai due amministratori i giudici attribuiscono "imperdonabile approssimazione" ed "estrema superficialità delle scelte operate", a partire dalla decisione di affidare la gestione dell’evento a Turismo Torino: l’azienda, secondo la sentenza, serviva "a fornire solo una copertura formale all’operato della giunta" e rispondeva alla "necessità di assicurarsi la collaborazione di un ente solo apparentemente terzo, che avrebbe consentito ampi margini di autonomia" all’ufficio della sindaca. Non solo. La riunione del 26 maggio, quella in cui venne scelta l’impresa affidataria, era "un vuoto contenitore volto a ratificare scelte in realtà imposte dai vertici dell’amministrazione comunale", con i soggetti coinvolti "tutti supinamente condiscendenti".

Secondo la Corte, poi, solo il 30 maggio si parlò di sicurezza, transenne e controlli ai varchi: infatti "nessun confronto specifico era stato fatto né sulle modalità dei controlli, né sui costi", ma nemmeno "le problematiche di ordine pubblico erano state oggetto di altre riunioni". Nonostante i solleciti della questura, nessuno steward di ausilio fu messo a disposizione dalla ditta organizzatrice, così come il piano di emergenza ed evacuazione prestò "scarsa considerazione" a "rischi certamente prevedibili e prevenibili" come il movimento di centinaia di persone in contemporanea scatenato dal panico.

Quanto alla mancata ordinanza che avrebbe dovuto impedire l’asporto e la detenzione di bevande in vetro, i giudici rilevano l’“inerzia del questore e del prefetto”, ma richiamano anche un’ordinanza analoga emessa da Sergio Chiamparino nel 2010, per evidenziare che "il problema del vetro si poneva già anni prima della manifestazione in oggetto" e che la sindaca non poteva restare con le mani in mano.

A corroborare il legame di queste omissioni con la presenza di schegge e cocci sul lastricato, nelle 200 pagine si riportano anche le dichiarazioni rese dai tifosi presenti quella sera. Proprio perché nessuno aveva vietato espressamente il vetro, ai varchi molti erano arrivati con le bottiglie nello zaino ed erano stati costretti a buttarle nei sacchi dell’immondizia lì accanto, tanto che a un certo punto gli agenti presenti avevano chiamato Amiat perché portasse via quelli debordanti. Ma si parla anche dei controlli-colabrodo: persone fatte entrare dopo aver semplicemente stappato le bottiglie o che erano riuscite a introdurle senza subire rimproveri.

In aula l’ex sindaca aveva ricostruito il contesto nel quale maturò l’idea di proiettare il match in piazza, rivendicando come sua la scelta di piazza San Carlo e parlando di "responsabilità di carattere politico". Per i giudici, in realtà, si trattò di decisioni che "superavano il confine politico". In sostanza, scrivono, "non ha curato il bilanciamento" tra la pubblica incolumità e il "legittimo interesse dei tifosi della Juventus" a condividere un momento sportivo importante per il club. Per questo, aggiungono, la pena inflitta è "congrua, equilibrata, proporzionata ai fatti, al contributo fornito e alle conseguenze che ne sono derivate".

Perché è stato assolto l'ex questore Angelo Sanna

Diverso il caso dell’ex questore Angelo Sanna, condannato in primo grado e poi assolto dalla corte d’assise d’appello insieme al suo capo di gabinetto Michele Mollo. Per il collegio, alla questura spettava solo la tutela dell’ordine pubblico nella cornice di indirizzi emanati dal prefetto (Renato Saccone, archiviato), del quale evidenzia la "discutibile inerzia" per non aver convocato il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza. In altre parole, il questore non era tenuto a occuparsi del "coordinamento esterno", mentre la mancata circolazione delle informazioni all’interno dell’ufficio, se c’è stata, non è stata rilevante. Inoltre, per i giudici, Sanna "aveva comunque tentato di promuovere quella sicurezza partecipata" prevista dalla circolare Gabrielli con una "azione di supplenza" e ripetuti inviti a Turismo Torino, ai quali però gli organizzatori "non rispondevano con la stessa solerzia". Quanto all’ordinanza antivetro, la cui mancata adozione è stata contestata anche a lui, per i giudici non può "assumere rilevanza penale l’omesso esercizio di un mero potere di sollecitazione".

La tragedia di piazza San Carlo

La sera del 3 giugno 2017, durante la proiezione su maxischermo della finale di Champions League tra Juventus e Real Madrid in piazza San Carlo, un gruppo di giovanissimi rapinatori scatenò il putiferio usando bombolette di spray urticante. Ne scaturì un'ondata di panico generalizzato, che porto al ferimento di 1.672 persone, anche a causa del tappeto di bottiglie di vetro, introdotte illegalmente, che si era formato sulla piazza. Gli incidenti provocarono la morte di due donne, Erika Pioletti di Domodossola (Verbania) e Marisa Amato di Beinasco. I quattro banditi ritenuti responsabili di avere scatenato l'accaduto sono stati condannati a dieci anni ciascuno.


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