Eventi

"E non ai miei occhi", mostra al Museo d'Arte Urbana

Venerdì 11 novembre 2016, dalle 18.00 alle 21.30, inaugurazione della mostra "E non ai miei occhi" del collettivo Costarocosa (Roberta Toscano ed Armando Riva), presso la galleria del Museo d'Arte Urbana fino al 30 novembre. In galleria per Spazio Temporaneo # quattro fotografie di Marco Petrino "Mare nostrum"

La pratica della rappresentazione artistica intesa come mimesi naturalistica, ed il conseguente predominio della pittura, entrano in crisi proprio a partire dall'invenzione della fotografia nella prima metà dell'800, e con queste l'aura dell'opera d'arte, che aumenta, anche grazie all'avvento del cinema, il proprio livello di esponibilità, passando dalla dimensione rituale a quella politica, come acutamente osservato da un testo profetico quale "L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica", di Walter Benjamin.

Inizia da allora, e prosegue lungo il crinale novecentesco, quello che alcuni teorici ebbero a definire un vero e proprio "combattimento per un'immagine", una tenzone tesa a stabilire il dominio sulla riproduzione del reale, con gli Impressionisti, ultima eroica propaggine della modernità, primi a scendere in campo per sfidare la tecnica fotografica nell'impari cimento della rappresentazione oggettiva del dato naturale. In realtà si tratta di un combattimento privo di senso e teso, semmai, a raggiungere un pareggio, una sostanziale pacificazione, come appare evidente analizzando le vicende del Novecento, ma anche quelle dei giorni nostri.

Argomento sostenuto da uno dei più preparati storici della fotografia, Claudio Marra, con una tesi che mi sento di condividere. Per Marra in realtà solo in parte la fotografia è stata un prolungamento della pittura con altri mezzi, più semplici ed immediati, al punto, in certi casi, da non richiedere neppure una particolare preparazione e professionalità nell'uso dello strumento, adoperato come una vera e propria protesi.

La fotografia è dotata di uno statuto linguistico proprio e di un diverso livello referenziale nella rappresentazione della realtà, tali da apparentarla, semmai, alle modalità "extra - artistiche" introdotte nella teoria delle avanguardie storiche, e portate a piena diffusione tra gli anni '50 e '70 del secolo scorso, con la fuoriuscita dell'arte dal tradizionale alveo bidimensionale tipico della pittura, per procedere verso una contaminazione con l'ambiente intesa come piena omologia con il mondo, nel perseguimento di una esperienza estetica, quindi multisensoriale e totalizzante.

Molto di tutto questo ruota attorno al ruolo assunto dalla fotografia che, nell'ultimo trentennio, si è riversata massiccia nel panorama eclettico della contemporaneità privilegiando la funzione piuttosto che l'oggetto, e diventando gradualmente una delle dimensioni narrative maggioritarie, trascinando con sé il video, suo successore e derivato tecnologico. L'atteggiamento si è manifestato nella duplice accezione di una partecipazione "fredda", tendente a privilegiare una classificazione impersonale ed asettica dell'esistente e della banalità quotidiana, ed un' altra dimensione "calda" e psicologica, in cui gli artisti hanno adoperato il mezzo come estensione del proprio io, per calarsi nel reale con atteggiamento di affettuosa partecipazione. Ma questo non è affatto in contraddizione con un uso "artistico" del mezzo, anzi semmai ne rafforza la vocazione di strumento atto a cogliere il reale nell'accezione di un abbraccio interiore, di un congiungimento con l'io dell'artista.


 


Si parla di