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"Nessuno può tenere Baby in un angolo" al Caffè della Caduta

Dopo il successo di L’uomo del diluvio, già presentato al Teatro della Caduta nel 2015, Simone Amendola e Valerio Malorni tornano il 23 e 24 marzo con la nuova produzione "Nessuno può tenere Baby in un angolo", un giallo dove una notizia da trafiletto di tre righe in cronaca che diventa un racconto in tre atti. Tre scene per una verità difficile da raggiungere, come è difficile il dialogo nei rapporti. Questo spettacolo è un giallo. Un giallo color ocra nel quale gli indizi stringono su un solo uomo, una persona che poteva fare tante cose e fa il benzinaio, un uomo che parla da solo e che cerca l’ultima possibilità per amare.
 
Il progetto di Simone Amendola e Valerio Malorni esplora la condizione di marginalità umana, non più esclusivamente in maniera esistenzialista come succedeva nel ‘900, ma sociale, economica, inserita quindi nel tessuto complesso del quotidiano del nostro vissuto, facendone propri i linguaggi, le istanze, le attese con un linguaggio comune, spesso sarcastico (già il titolo, famosa battuta dal film cult anni fine anni ‘80 Dirty Dancing, è in effetti un’amara ironia).

Malorni sta su una pedana su cui vi è un’enorme sedia. La trasversalità della luce che fende tutta la scena illumina un solo oggetto, un borsone. E’ Lucio, “uno che poteva fare altro ed invece fa il benzinaio” , “l’unico in classe a non andare all’università” , protagonista dello scontro corrosivo con la propria coscienza e con invisibili autorità giudiziarie che lo accusano del truce delitto di una donna alla quale l’omicida ha staccato  la testa, proprio nella parte retrostante la pompa di benzina.

La frustrazione di non aver ambito a nulla, di esser stato innamorato senza aver avuto la capacità di avere una compagna al suo fianco, la monotonia dei giorni, le storie di pedofilia nelle mura di casa viste in tv, il drink bevuto stanco morto sul divano, il cellulare (dimenticato al lavoro) che non squilla quando aspetta di uscire con una donna, il messaggino di quest’ultima che lo liquida con “scusa…ma è un periodaccio”.  Ecco perché – dirà – posso essere stato io.
 
La gestualità, la vocalità e la presenza scenica di Malorni restituiscono di Lucio un abisso fragile e nevrastenico sotteso già al testo che, tuttavia, in alcuni punti perde di consistenza, smorzando non di poco la compattezza e la tensione espressiva ed emotiva necessari per questa catabasi del fallimento.
 


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